Il rugby è una disciplina unica. Comporta un enorme sacrificio sia fisico che mentale. Ho ragione di credere che disputare una partita senza essersi allenato a fondo significherebbe esporsi ad un massacro. Un gioco di pura strategia e tatticismo, nel quale vince chi resiste con tenacia e fermezza ad un’estenuante prova. Una lotta tra gladiatori che si conclude con una nobile stretta di mano.
In questa inusuale situazione di emergenza sanitaria è il primo sport italiano a dichiarare chiusa la stagione 2018/2019. Non verranno pertanto decretati né vincitori né vinti, nessun titolo verrà assegnato, tantomeno le retrocessioni. Francesco Zambelli, presidente della Rugby Rovigo, formazione in vetta alla Top 12, non ha esitato ad esprimere il suo dissenso: «La decisione di non assegnare il titolo è grave e non la condivido e la chiusura anticipata della stagione mi sembra prematura». Ma la palla ovale è altro e gli interessi economici non hanno ancora del tutto annientato il processo virtuoso di questo gioco. E mentre gli apici del calcio italiano sono in perenne combutta tra di loro e ad oggi non c’è ancora chiarezza sul futuro della Serie A, la Fir dichiara definitivamente forfait.
Mi rimane da capire in che modo stanno affrontando la quarantena i rugbisti e con che spirito riprenderanno l’attività sportiva. Mi imbatto in Cherif Traorè, pilone ed eccezionale ball carrier della Benetton Treviso e della Nazionale Italiana. Classe ’94 di origine guineana, disputa da quattro anni con i suoi Lions la Guinness Pro 14, speciale competizione creata nel 2001 dalle federazioni di Irlanda, Galles e Scozia per avere la possibilità di giocare in un torneo più competitivo e vicino al livello del campionato inglese. Dal 2010 ne fanno straordinariamente parte anche la Benetton Treviso e le Zebre Rugby, una franchigia italiana creata apposta per l’occasione.
Se però la massima serie italiana ha decretato la chiusura della stagione, ancora tutto è in bilico per la Pro 14: “ Nulla ancora è deciso, i vertici stanno discutendo, ad oggi un’ipotesi è che si ricominci a maggio per terminare la competizione ad agosto. Rimangono cauti nel prendere una decisione perché già nell’ultimo periodo questa competizione ne ha risentito molto dal punto di vista economico.”, mi spiega un timido e genuino Cherif.
Ad ora l’aspetto che maggiormente preoccupa l’atleta è la condizione fisica, “molti di noi stanno constatando che non è assolutamente facile anche perché siamo fermi da quasi un mese e mezzo, e sarà difficile riprendere le attività con immediatezza. Necessiteremo quantomeno di un altro mese prima di tornare nelle condizioni ideali. Ci alleniamo in casa e non tutti disponiamo delle attrezzature, quindi ci arrangiamo con quello che abbiamo. Siamo in ogni caso seguiti dal nostro staff e dai nostri preparatori, che ci seguono con cadenza settimanale e con un programma di allenamento specifico.”
È occasione anche per ricordare i suoi primi passi con la palle ovale e sorridendo mi racconta di quando il padre gli suggerì di lasciare il calcio per evitare di fare ulteriori danni, “è il caso che cambi sport, questo non fa per te” mi disse. Del rugby conosceva ben poco e lo confondeva con il football americano. “Dal primo allenamento è stato tutto in discesa e da quel momento passo le mie giornate, i miei allenamenti, concentrandomi sui miei obiettivi”.
Cresce nelle giovanili del Viadana Rugby, mentre la prima esperienza in eccellenza è con Prato, poi di nuovo Viadana e ora da cinque anni è a Treviso. È però in scadenza di contratto e nonostante la quarantena lo costringa in casa, i suoi sogni non hanno smesso di fermarsi. Ambisce a grandi traguardi, alla vittoria di titoli e punta essere tra i protagonisti di questo gioco. E prima di lasciarmi, mi confessa che forse è il momento di cambiare aria, casacca e forse addirittura Paese.
Personalmente è stata un’occasione per trarre spunto proprio da questo gigante buono, da un rugbista, da un lottatore per antonomasia. La mia vita e quella di noi tutti non deve nonostante il disagio, la sofferenza e la terribile ansia di questo ultimo mese e mezzo, smettere di volere, desiderare e ambire ad essere, domani, quando tutto questo sarà finito, qualcosa o meglio un qualcuno migliore.