“Porto pazienza” è l’album polisemico di Crisso. È uno stato d’animo e contemporaneamente l’immagine di un contenitore aperto a flussi che giungono, ormeggiano, coabitano e comunicano tranquillamente tra loro, nonostante sembrino appartenere tutti a culture diverse. Stasi e dinamicità. Un paradosso in chiave hip hop che saluta la dancehall, abbraccia il pop, strizza un occhio al folk e non rifugia l’elettroacustica.
Si apre con una title track. C’è un clima dark. Crisso rabbioso si ribella alla società odierna. Questa sua insurrezione e la denuncia sociale sono il red carpet su cui sfilano un po’ tutti i brani. Nel secondo pezzo, “Freddy Krueger”, la base è molto più easy. Il cantante si mette a nudo davanti al pubblico e nel presentarsi racchiude il suo essere anticonformista nel verso: “Non mi sento più italiano come Gaber”. Davvero impattante. Il beat di “Paga” ipnotizza, ma “Attenzione” fa del proprio titolo una mission di vita: il rap viene servito su una base folk. L’esperimento è molto interessante. Impossibile non rimanere coinvolti e premere sul tasto replay. Ma non possiamo sostare troppo. Arrivano due perle, “Peccato e “Mai Stati Uniti”. L’atmosfera si riscalda. Nel primo pezzo aleggia la voce di una ragazza. Crisso le parla. Trasforma di nuovo il proprio mood. Non è più arrabbiato, polemico, rude. È calmo, rilassato, intrigato e intrigante. Due minuti e tredici secondi dopo si approda in una dimensione indie pop. Il nostro artista è ormai devoto alla sua musa, ma lei delude le sue aspettative non ricambiando gli stessi sentimenti. Il risultato è un ritornello che resta e la meraviglia di fronte alla versatilità dell’autore. “Skit”, invece, è un piccolo e buffo break utile a dare una leggera suspence mentre passiamo ad un genere completamente diverso. “MDPI”, infatti è una vera e propria Sfera Genkidama hip hop. Il simbolo di un ritorno sui binari della ribellione. Un dissing crudo. Urca!
“Malatesta” corre sullo stesso filone, ma con un sound più electro e il chorus in dialetto campano. Con “Nostalgia” l’umore si mitiga, Crisso si apre di nuovo all’ascoltatore. Conosciamo un po’ la sua storia, empatizziamo e… poi ancora un colpo di scena: “Runaway”, featuring con Stefano Moses. Un’altra sfumatura elettronica. Forse il brano più sofisticato del disco. Qui siamo quasi in chiusura. È il turno di un altro brano autobiografico molto pop, “L’artista”. Crisso si congeda con “N.B”, riprendendo e, anzi, accentuando i toni dark di “Porto Pazienza”, tanto da diventare a tratti disturbante. Si chiude un cerchio. Con questo album si afferma un cantante non etichettabile in un genere o una moda specifica, che si attesta anche politicamente, con riferimenti filo-anarchici accompagnati da un linguaggio velato e sarcastico.
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