I Måneskin si sono uniti in matrimonio in nome del rock in una sala di Palazzo Brancaccio, a Roma, tutti vestiti di bianco. Le coppie formate da Damiano e Ethan e Victoria e Thomas hanno pronunciato il fatidico “sì” dinanzi a un singolare celebrante: l’ex direttore creativo di Gucci Alessandro Michele.

L’evento firmato da Spotify non solo suggella l’amore e l’impegno che il gruppo infonde nella musica ma festeggia anche l’uscita di un nuovo album: “Rush!”

Ha riunito inoltre diverse celebrità: Baz Luhrmann, Fedez, Manuel Agnelli, Machine Gun Kelly, Dybala, Sabrina Impacciatore, Paolo Sorrentino, Fletcher Donohue, Benedetta Porcaroli, Cathy La Torre, Floria Sigismondi. Questi sono solo alcuni dei volti che hanno presenziato e partecipato con gioia e trasporto. La funzione ha rispettato tutte le consuetudini del caso: lo scambio delle promesse, il bacio dei neo-sposi, il brindisi, il taglio della torta e persino il lancio del riso (nero, ovviamente). In chiusura non poteva mancare un mini-live della band romana.

La festosa occasione, come tutto ciò che è fuori dagli schemi o totalmente organizzato da  marketer professionisti, si è trasformata presto in un fenomeno virale e quindi anche un argomento di discussione. O meglio, di critica. Uto Ughi, uno dei massimi esponenti della scuola violinistica italiana, per esempio, ha definito i quattro rocker “un insulto all’arte e alla cultura” specificando però di non avercela personalmente con loro bensì con ciò che propongono. Il maestro, infatti, aggiunge: “Ogni genere ha diritto di esistere ma quando si fa musica, non quando si urla e basta”. Anche da oltre oceano arrivano parole aspre. The Atlantic in un editoriale dal titolo “Questa è la band che si suppone stia salvando il rock and roll?” parla del loro nuovo album e della loro storia stroncandoli in maniera conclamata. Per Spencer Kornhaber – il giornalista che ha curato l’articolo – “Rush!” non è altro che la dimostrazione di quanto in realtà la popolarità dei Måneskin dipenda più dalla loro immagine e dall’esposizione mediatica che dal loro effettivo talento musicale. Questo, poi, si rifletterebbe nel solo tentativo di emulare altri gruppi come, per esempio, i Jet. Seguendo il suo discorso sembra che non riescano nemmeno benissimo a perseguire il loro obiettivo. Alle sue orecchie le loro canzoni appaiono infatti mediocri, al limite del fastidioso.

Francamente non credo di avere le competenze necessarie per poter rispondere al signor Kornhaber. In realtà non penso proprio leggerà mai quanto da me scritto. Tuttavia sento di poter esprimere comunque un mio parere. Premesso che se è vero che nello show business le performance possano dare grandi numeri è anche vero che c’è bisogno di contenuti solidi e soprattutto originali perché questi rimangano stabili o crescano in modo esponenziale. Nel caso dei Måneskin è quindi inverosimile che le loro vittorie, i sold out, la fama e le collaborazioni internazionali siano legati solo al loro carisma o al loro bel viso. Fosse così non avrebbero il successo che hanno oggi e anche il loro target d’ascolto sarebbe molto limitato. Addirittura è plausibile che durante il loro percorso se anche la loro asticella si fosse alzata di un po’ a un certo punto sarebbero tornati a fare gli artisti di strada.

Personalmente, e questo va sicuramente a mio discapito, non li ho mai visti suonare live. Inoltre per una serie di eventi non ho guardato né Sanremo né l’Eurovision nel 2021. Ora che ci penso, forse non li seguo nemmeno sui social. Però li ascolto molto volentieri (e date le premesse, non credo sia per come appaiono). È statisticamente improbabile che sia l’unica persona ad aver accesso alla loro musica soddisfacendo queste condizioni. Spero mi perdoneranno quindi i lettori miei simili e non, se li invito a celebrare il contratto a tempo indeterminato che i Måneskin sembra abbiano sottoscritto con il tasto play ascoltando “Rush!”